Per la difesa dei diritti delle donne, contro la privatizzazione dei servizi scolastici

In Europa, dopo un secolo di lotte per i diritti e l’emancipazione, le donne sono costrette a scendere in piazza ancora per difendere quanto si riteneva acquisito almeno sul piano della parità formale.

Tagli di bilancio e privatizzazioni, o “esternalizzazioni” dei servizi pubblici, sono ormai tra le parole d’ordine acquisite nei piani d’austerità dei governi europei: in Italia riguardano il settore della scuola, della sanità, del pubblico impiego e tutti i servizi connessi agli enti pubblici.

Tanto più queste misure s’impongono, tanto più pesantemente regrediscono le condizioni sociali delle fasce più deboli, soprattutto delle donne. Se, infatti, la crisi economica globale nel primo periodo ha colpito settori di attività prevalentemente “maschili” (industria, trasporti, automobile, ecc.) oggi coinvolge quei settori direttamente o indirettamente legati ad una maggiore presenza femminile: istruzione, sanità, cura di bambini e anziani.

Le politiche di risparmio degli enti pubblici colpiscono più direttamente le donne poiché esse costituiscono in Italia, come nel resto d’Europa, i 2/3 degli organici. Salari bloccati o ridotti, contratti e condizioni di lavoro precari o a tempo parziale, perdita del posto di lavoro per il blocco delle assunzioni, allungamento dell’età pensionabile, sono condizioni che rendono le donne più vulnerabili nel mercato del lavoro e più oppresse dalla crisi.

L’Amministrazione Variati si è adeguata alla politica dei tagli. Mentre le scuole d’infanzia e gli asili nido comunali boccheggiano e il personale è ridotto all’osso, con supplenze che arrivano con il contagocce e con l’uso delle insegnanti di sostegno per tappare i buchi, l’amministrazione Variati ha aumentato il contributo alle scuole d’infanzia paritarie (aderenti alla Fism – Federazione Italiana Scuole Materne) sia nel 2008 sia nel 2009 per arrivare ad un contributo di ben 497 mila euro nel 2012. Nel frattempo i genitori delle scuole d’infanzia comunali si autotassano per l’acquisto di materiale didattico affinché le maestre possano essere in grado di svolgere un minimo di attività e l’Assessore Alessandra Moretti, ora diventata parlamentare, ha rivendicato tale finanziamento sottolineando che non si tratta solo di un semplice contributo economico ma di una collaborazione attiva con le scuole private, e ha parlato di “vantaggio sociale”. È una scelta e un’affermazione che dimostra come l’ Amministrazione, mentre chiede sacrifici ai genitori e lavoratori degli asili nidi e delle scuole d’infanzia comunali , elargisce soldi e collaborazione ai privati. La riprova delle reali scelte di questa Amministrazione sta nel fatto che, ad esempio, da quest’estate ha privatizzato il servizio “estate nido” dandolo in gestione ad una cooperativa, altro esempio è il convinto appoggio alla nascita dei “nidi famiglia”, asili nidi privati, spesso condominiali, dove, dietro al nome accattivante, si cela la realtà di un servizio improvvisato nel quale qualsiasi persona può aprire un nido nella propria abitazione: è sufficiente che frequenti un corso che va dalle 50 alle 100 ore. Ricordiamoci che gli asili nido sono servizi rivolti a bambini di età compresa fra i 3 mesi e i 3 anni. Altro che sicurezza! È necessario ritornare ad occupare le strade e le piazze e riportare prepotentemente nell’agenda delle organizzazioni sindacali e politiche il tema della sicurezza (non quella demagogica fatta di blitz e telecamere dell’Assessore Dalla Pozza) ma la sicurezza dei servizi, della salute e dell’istruzione per i lavoratori, i loro figli e le loro famiglie. Basta finanziamenti alle scuole private!

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