L’urbanistica di questa amministrazione si è dipinta il volto di verde ma dentro è grigia cemento. A fronte di 7 mila appartamenti sfitti, il Piano Interventi porta a Vicenza ben 652 mila m3 di cemento in più e 130 mila m2 di Sau (superficie agricola utilizzata) in meno. Viene così smentita clamorosamente dai fatti la promessa del Variati 2008 di una “città più verde”.
Per capire nel dettaglio dove sono previste queste nuove abitazioni, basta sfogliare la relazione programmatica del Piano Interventi. Il grosso si prevede nelle aree di Saviabona e Laghetto. Seguono la prima periferia di San Pio, le frazioni di Bertesina e Bertesinella. Ma si costruirà anche in tante altre zone della città: Casale, Settecà, Maddalene, Monte Crocetta, più qualche m3 sparso in altre zone.
Basta fare due conti per capire come quelle nuove costruzioni (in gran parte abitazioni) rimarranno pressoché vuote. Quei 652 mila m3 sono sufficienti per 4.353 nuovi abitanti teorici nei prossimi 5 anni. Ma negli ultimi 10 anni la popolazione della città è cresciuta di circa 5.500 unità, e negli ultimi 5 di circa 1.500, un terzo di quello prefigurato dal Pi. Bisogna tornare ai primi anni 2000 per trovare un balzo in avanti di oltre 4mila abitanti, all’epoca la crescita demografica era trainata dal boom migratorio (i residenti stranieri sono passati da 6.300 nel 2000 a 19.100 nel 2011), se non che perfino gli immigrati in tempi di crisi hanno rallentato il passo. Il dato di fatto è che Vicenza ha, oggi, più o meno gli stessi abitanti che aveva nel 1971.
Oggi il settore dell’edilizia è in forte decadenza perché si trova anch’esso in crisi di sovrapproduzione, basta vedere l’enorme quantità di locali vuoti in città, siano essi adibiti ad appartamenti o ad uso commerciale-direzionale. Noncurante di ciò, la Giunta di centrosinistra ha approvato colate di cemento che devasteranno in maniera irreversibile il territorio. Gli unici ad arricchirsi con queste nuove costruzioni saranno i giganti dell’edilizia privata, coloro i quali non si sono mai posti il problema dell’effettiva utilità dei loro fabbricati, ciò che importa per loro è che giri l’economia del mattone.
La proposta di Alternativa Comunista è in controtendenza rispetto alle proposte che nascono e muoiono nel calderone elettorale: diciamo basta alla cementificazione in ogni luogo della città e in ogni superficie agricola. I terreni coltivati devono rimanere tali. Oggi è necessario promuovere un grande piano di ristrutturazione dei vecchi fabbricati per renderli nuovamente agibili, anche in un ottica di risparmio energetico. Solo questo potrà ridare lavoro ai tanti operai del settore edile che sono rimasti disoccupati, un lavoro che non sarà complice della deturpazione del territorio. Le risorse vanno trovate nella tassazione dei grandi patrimoni immobiliari privati. Nel frattempo appoggiamo tutti i comitati che si opporranno all’ulteriore cementificazione della città. Ma sappiamo bene che questa inversione di rotta non si potrà ottenere con le elezioni, l’unico modo per raggiungere questo obiettivo è la mobilitazione ad oltranza della popolazione che non può e non deve piegarsi alle logiche di cementificazione e devastazione ambientale che producono solo profitto per i ricchi proprietari. Per essere vincente, la mobilitazione non dovrà accettare nessun compromesso né compensazione.