Indice.
1.La crisi economica del capitalismo colpisce anche Vicenza
2.Nessuna reale opposizione di classe alla crisi
3.La presenza di una classe lavoratrice internazionale
4.Il programma del PdAC è la speranza per il futuro delle giovani generazioni
5.Contro ogni forma di fascismo, per un antifascismo militante
La crisi economica del capitalismo colpisce anche Vicenza.
La città di Vicenza è inserita nel cuore del famoso Nord est ed è stata per decenni tra le aree maggiormente industrializzate. Fino a pochi anni fa a Vicenza e provincia erano presenti oltre 89 mila imprese con una netta prevalenza dei comparti commerciali e manifatturiero. Il tessuto industriale, costituito principalmente di piccole e medie imprese, ha sempre presentato una forte diversificazione produttiva: dalla meccanica alla concia, dall’oreficeria al tessile, dalla ceramica al legno fino all’agro-alimentare.
La crisi capitalistica iniziata negli Stati Uniti d’America, ha coinvolto l’Europa e l’Italia e, di conseguenza, anche la città di Vicenza e provincia dove nel 2012 sono stati 6.229 i lavoratori licenziati ma a questi licenziamenti si deve aggiungere un dilagare di precarietà e di disoccupazione giovanile e un costante attacco ai diritti dei lavoratori pubblici e privati.
Nessuna reale opposizione di classe alla crisi.
Le burocrazie sindacali di Cgil, Cisl, Uil hanno risposto alla crisi con scioperi di poche ore dividendo i lavoratori per categorie, rinunciando ad organizzare tutti i lavoratori in scioperi generali per resistere ai licenziamenti, e hanno firmato l’applicazione dei contratti di solidarietà, scaricando in questo modo il costo della crisi sui lavoratori stessi. Anche per quanto riguarda l’uso della cassa integrazione il nostro partito è stato l’unico che, dall’inizio della crisi, ha sempre affermato che la cassa integrazione è funzionale agli interessi dei padroni e, in questa fase, rappresenta l’ anticamera al licenziamento e di conseguenza, per questo motivo, deve essere respinta organizzando la difesa del posto di lavoro con scioperi ad oltranza e occupazioni delle fabbriche che chiudono o licenziano, facendo ripartire la produzione sotto controllo dei lavoratori.
Le migliaia di licenziamenti che continuano a verificarsi senza uno straccio di lotta dimostrano che contratti di solidarietà e cassa integrazione non sono la risposta e dimostrano l’opportunismo di certe burocrazie sindacali. L’esempio lo abbiamo in città: verso la fine di aprile alle Acciaierie Valbruna è stata annunciata la conferma di 52 esuberi, alcuni in specifici reparti della fabbrica. Valbruna, in questo modo, dà il via a licenziamenti discriminatori di operai sgraditi. Ma i sindacati non hanno chiamato alla mobilitazione e allo sciopero i lavoratori, una mobilitazione che è necessaria fino al ritiro dei licenziamenti!
La borghesia vicentina vuole fare pagare la crisi proprio ai lavoratori, agli studenti e ai pensionati poveri della città e per fare questo ha avuto la concreta collaborazione del sindaco Achille Variati, esponente del Partito democratico. Ma il Pd non è l’unico partito di riferimento della borghesia vicentina, essa infatti si esprime anche nel Pdl e nella Lega. La Lega ha fatto la sua fortuna politica nel dividere la classe dei lavoratori e nel dipingere gli immigrati come criminali e ha sventolato la sua bandiera al grido, insieme a Brunetta, di “dipendenti pubblici privilegiati e fannulloni”, senza mai fare distinzioni fra i dirigenti pubblici pagati 180 mila euro e il resto dei dipendenti pubblici come, ad esempio, infermieri, operatori sociali, impiegati allo sportello, ecc.., lavoratori pubblici sfruttati e pagati circa € 1.000 mese con lo stipendio bloccato dal 2009 a fronte di un’inflazione media di almeno il 3% l’anno.
Nemmeno il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo non fornisce una risposta alla crisi che sia favorevole ai lavoratori. Il M5S è un movimento che, nei fatti, non mette in discussione il sistema esistente e mescola in modo confuso varie istanze, anche contrapposte, accettando il capitalismo cioè il sistema economico che è causa di crisi, miseria, precarietà, disoccupazioni, guerre, inquinamento e disastri ambientali. Questo movimento appare ai più come “anti-sistema”, pur senza realmente esserlo, non essendo basata su un programma di contrasto – nemmeno parziale – della proprietà privata dei mezzi di produzione e di scambio.
Infine per quanto riguarda Rifondazione Comunista, che a queste elezioni è stata costretta a presentarsi con una propria lista dopo aver elemosinato l’ingresso nella coalizione di sinistra e aver ricevuto il no, dobbiamo ricordare che ha sostenuto nelle scorse elezioni amministrative il sindaco Variati al ballottaggio, oltre che a livello nazionale il governo Prodi. Negli scorsi anni, quando i suoi rappresentanti sedevano in parlamento insieme ad alcuni che sono poi confluiti in Sinistra Ecologia e Libertà, ha votato la legge sulla precarietà (pacchetto Treu), l’aumento delle spese militari, l’apertura dei Centri di Permanenza Temporanea, ora diventati Centri d’Identificazione ed Espulsione, dei veri e proprio lager per gli immigrati. Negli ultimi anni, pur fuori dal parlamento, Rifondazione non ha mai cessato di preservare il rapporto col Pd, in vista di un terzo giro con un futuro governo di centrosinistra. Le dichiarazioni del candidato sindaco di Rifondazione sul neonato governo – “un esecutivo con un mandato preciso e concreto: approvare una nuova legge elettorale e provvedimenti essenziali per aiutare l’Italia ad uscire dalla crisi” – sono l’ulteriore conferma che il programma di Rifondazione Comunista è un programma riformista, dove non c’è la volontà di rovesciare il sistema e i punti programmatici rimangono tutti interni ai limiti di compatibilità del capitalismo.
Il Partito di Alternativa Comunista, invece, pensa che non vi siano dubbi su quale sarà il programma di classe del nuovo governo sostenuto da Pd, Pdl e centro montiano. Letta, richiamato in carica da Napolitano II, ha il compito di ridare alla borghesia un governo stabile in una situazione instabile, un governo cioè capace di proseguire quella guerra sociale che i governi di tutta Europa hanno scatenato contro i lavoratori per far loro pagare i costi della crisi capitalistica e recuperare il tasso di profitto in caduta libera.
La presenza di una classe lavoratrice internazionale.
La provincia di Vicenza è una delle prime province del territorio nazionale per numero di immigranti che sono stati assunti generalmente a livelli inferiori, più sfruttati e precari (utilizzando le leggi Turco Napolitano e Bossi Fini) nei settori industriali (metalmeccanico, concia e costruzioni), in quelli dei servizi alle imprese (pulizia e facchinaggio) e alle persone (assistenza agli anziani). Negli scorsi anni l’arrivo massiccio, anche a Vicenza, di lavoratrici e lavoratori provenienti da Paesi diversi ha portato al fatto che la composizione del proletariato vicentino, come nel resto della regione, è diventato sempre più internazionale. Si tratta di lavoratori e lavoratrici immigrati che sono spesso privi di diritti politici e sottoposti a leggi razziste e a discriminazioni razziali. Anche per questo motivo il PdAC ritiene che sia urgente l’organizzazione sindacale e politica di questi lavoratori, in una lotta comune con i lavoratori nativi.
Le istituzioni vicentine si sono sempre mosse nei confronti degli immigrati considerandoli come semplice forza-lavoro, modulando l’intervento nei loro confronti a seconda delle esigenze del ciclo economico. L’attuale crisi economica sta colpendo i lavoratori di Vicenza, sia nativi sia immigrati, e per tutti licenziamento e disoccupazione significa perdita del reddito e difficoltà a pagare affitti e mutui. Per i lavoratori immigrati si aggiunge il grave rischio di perdere il permesso di soggiorno e, di conseguenza, si profila la drammatica possibilità, per se stessi e per le famiglie, di essere espulsi. La crisi del capitalismo, con le migliaia di licenziamenti, chiusura delle fabbriche grandi e piccole, impoverimento generale, sta mostrando il suo vero e crudele volto anche nel ricco nord d’Italia e nella città di Vicenza, dove il sistema sta crollando lasciando disperazione e lo sfacelo di un territorio devastato da decine di anni di cementificazioni. La crisi sta dimostrando agli operai che non è vero che “operai e padroni sono un’unica famiglia” perché quando l’azienda chiude è l’operaio, sia bianco sia nero, che resta senza lavoro e senza salario. E’ in questo momento che le parole d’ordine razziste della Lega Nord cominciano a svelarsi in tutta la loro meschinità. A quelle parole d’ordine razziste i militanti del Partito di Alternativa Comunista, sezione italiana della Li-Ci, contrappongono le parole d’ordine di solidarietà internazionale: “il proletariato non ha nazione, occupazione delle fabbriche, gestione operaia, potere dei lavoratori”.
Il programma del PdAC è la speranza per il futuro delle giovani generazioni.
I dati di Vicenza, diffusi nella stampa locale, parlano di un 45% di ragazzi che gioca d’azzardo, il 54% che fa uso di alcol fino ad arrivare all’euforia e il 28% che si ubriaca . Quando si parla di droghe si pensa di solito alle sostanze stupefacenti e all’alcool: in realtà stanno emergendo e diffondendosi nuove forme di schiavitù psicologica, non meno subdole e pericolose, fra le quali appare dominante quella del gioco d’azzardo. Le motivazioni sembrano essere molteplici: ultima, in ordine di tempo ma non di importanza, la crisi economica. Una generazione, quella dei giovani, dipinta spesso come una generazione allo sbando, il cui futuro è precarietà ed incertezza. Dopo la pubblicazioni dei dati su alcol e gioco d’azzardo ci sono state una lunga serie di dichiarazioni, di convegni e tavole rotonde da parte dei politici e industriali nostrani che hanno promesso o auspicato i soliti provvedimenti pressoché inutili e spesso anche repressivi. Il PdAC ha da sempre messo al centro del suo progetto politico la giovane generazione di proletari, il programma rivoluzionario del PdAC è un ottimo antidoto all’apatia e all’autolesionismo.I giovani candidati del nostro partito vogliono rompere gli schemi ingessati di questa campagna elettorale e la loro candidatura rappresenta le nuove generazioni che sono scese in lotta in questi anni, dando vita a importanti e radicali momenti di lotta ricordando, al contempo, la frase che Trotsky rivolse ai giovani e ai militanti che si avvicinavano alla Quarta internazionale: “Venite nella Quarta internazionale. Non vi promettiamo né privilegi, né carriere, né certezza di vittoria. Solo il sacrificio dei vostri giorni in una lotta costante e dura. Una sola cosa possiamo promettervi: se saremo battuti sarà solo dopo aver lottato. Se vinceremo, costruiremo insieme un mondo nuovo!”.
Contro ogni forma di fascismo, per un antifascismo militante.
Il clima di accentuata disgregazione sociale determinato da questa crisi è stato pretestuosamente utilizzato dai governi per realizzare profondi e violenti attacchi ai diritti dei lavoratori, dei migranti e degli studenti, accentuando la politica classista a favore della classe dominante, xenofoba e securitaria nel nostro paese.
L’emersione di partiti della destra estrema, partiti che affondano le loro radici nel neo-fascismo e cavalcano il disagio sociale proponendo risposte squadriste, violente e discriminatorie, non è scollegata da quegli attacchi. Persino le rivendicazioni storiche del movimento operaio e studentesco, come il diritto alla cultura, agli spazi sociali e l’intervento nel disagio quotidiano, divengono campo d’azione di una nuova destra.
Proprio per questo l’antifascismo è la bussola imprescindibile di tutta l’azione politica del Partito di Alternativa Comunista.
Ma l’antifascismo non va trasformato in semplice enunciazione di principio. Noi siamo contrari all’antifascismo di facciata, cerimoniale e istituzionale. L’antifascismo deve essere militante, Alternativa Comunista vuole portare avanti ancora oggi la lotta dei partigiani che non hanno combattuto solo contro il fascismo, ma contro tutto il sistema sociale che lo aveva generato; portando avanti la lotta di chi voleva un mondo senza classi sociali e oppressioni, con l’ideale di costruire una società diversa da quella capitalista.
Seguire la direzione tracciata dalla resistenza partigiana vuol dire comprendere che l’unico mezzo possibile per cambiare questo marcio sistema dalle radici è la lotta di classe.
Un filo rosso lega la guerra partigiana alle lotte attuali e conferma che solo l’unità delle masse popolari, e il conflitto che mettono in campo, sono in grado di ottenere delle vittorie. La Resistenza No Tav in Val di Susa, così come il movimento No Muos di Niscemi, che ha saputo coniugare la questione ambientale all’opposizione alla guerra, fino ai partigiani di Gaza, di Piazza Tahrir, dell’Afghanistan e di tutti i popoli oppressi del mondo che resistono alle guerre neocoloniali dell’imperialismo, dimostrano che la lotta al fascismo, mascherato o meno, è tutt’altro che finita!
Chi nega questi insegnamenti e riscrive la storia demonizzando la Resistenza vuole cancellare un passato di lotta scomodo per dominare l’attuale presente. A noi tutti spetta il compito di mantenere viva la memoria per costruire la Resistenza di oggi contro i rigurgiti reazionari, contro raduni, convegni e parate di stampo neofascista. Per far chiudere ed impedire la creazione di covi di Casapound e Forza Nuova.
Oggi come ieri la Resistenza continua!